I terrapiattisti replicherebbero a suon di combo di video mal tradotti che la gravità non esiste, ma io che son più terra-terra dei zappaterra, dei terroni e dei trolls tastieriesticamente smanettoni non posso che sorridere e poi ridere e ghignarmela jockerescamente fino a piangere di disperazione: è la gravità emotiva. Nessuno sa spiegarsela, nè i fisici nè gli psicoqualunquisti. E’ la sindrome d’avvento autunnale nel nuovo millennio. Gli emigrati riemigrano, le temperature scendono, le scuole riaprono, l’uva matura, le foglie impallidiscono e le donne (o meglio i destri di cervello) gravitano emotivamente.
Come fare? Direbbe un signore che conoscevo..
Io cammino molto scalza (squaw della tribù dei piedi neri), bevo tisane blandamente depurative (la malva è una grande amica, bluetta e asprignola), ascolto compilation anni ’80 (ora onAir Le Freak, CHIC) e ballonzolando mi focalizzo sul colore verde.
Verde=Bosco
Quindi mi tuffo nel basso ventre della mia mezza terra della terra di mezzo. I conterranei staranno già sorridendo per essermi fatta un auto annascioni (formula con la quale si augura a qualcuno di ritornare nell’utero; quasi sempre riferito alla madre, spesso ironico, ma quasi sempre molto offensivo perchè la madre è sacra soprattutto se è la mia) in effetti volevo farvi proprio ridere perchè mi perdonino tutte le madri, ma a Settembre mi viene una voglia matta de ci torrai (di ritornarCi).
Ecco che parto di sogni per i quali Freud avrebbe scritto infinite scartoffie e Jung avrebbe sfiorato la follia mistica.
Come mi direbbe (e come effettivamente mi ha detto) la mia sorella Yuna col nomen omen del quì e ora: Segui il verde!
Su mari miu è birdi.
Mi nci scudu sigùra
a prumòni prenu de luxi.
No timu a orrùi
mancai d’appa giai fattu.
Timu a mi ndi scidài
puitta chi mi ndi scidu
no mi ndi potzu scidai
mai prusu.
Il mio mare è verde.
Mi ci immergo sicura
coi polmoni gonfi di luce.
Non ho paura di cadere
anche se mi è già successo.
Ho paura di svegliarmi
perchè se mi sveglio
non mi posso risvegliare
mai più.
A sentidu ‘e terra
Jana de sa Mura*
Gràtziasa meda po tottu custu.
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Gratziasa a Tui Sorri mia, y a atra ortas Mellusu!
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