Il mese passato, su mes’e Ladamini appunto, è stato molto prezioso per me e la mia ricerca sulla crescita personale. Il mondo che si sta palesando ai nostri occhi ha uno sguardo intenso e a momenti alquanto inquietante. Noi esseri umani continuiamo a scorrere impetuosi, con andamento incerto, ma necessario.. in preda a deliri di onnipotenza smettiamo di guardare dove stiamo poggiando i piedi a discapito anche di ciò che accade sopra le nostre teste. Dritti procediamo come automi.
La speranza è reale e consiste nella costante Lode all’Inviolato, atto per il quale le nuvole non possono annientare il sole perché gli esseri umani hanno un aiuto chiaro da un’invisibile carezza di un custode.
Vi riporto il sunto del mio pensiero de Ladamini.
La Prosa:
Essere isola
Non è affatto inusuale riscontrare elementi caratteristici e caratterizzanti durante le analisi per una qualsivoglia disciplina scientifica o classica quando il soggetto è un’isola. La Sardegna piuttosto che essere un’eccezione in questo senso parrebbe proprio poter essere un soggetto universale. L’universalità degli elementi di quest’isola l’hanno resa terra di conquista sotto ogni punto di vista, il che ci ha resi fieri e orgogliosi, ma anche visibilmente rassegnati. Lo dimostrano i fenomeni migratori di massa consistenti maggiormente in intere famiglie, per le generazioni precedenti la mia e in orde di giovani di belle speranze per la mia e le future. L’immediata ed evidente conseguenza è stato lo spopolamento delle zone interne a favore di un’alta densità delle zone costiere con a sua volte conseguente scardinamento dei sistemi tradizionali di cultura materiale e immateriale. La dicotomia tra zone interne e zone costiere è sempre stata molto chiara in tutta la storia della Sardegna, oggi però viene vissuta come una cesura, una frattura mai ben
saldata. Nello specifico del termine Tradizione, per esempio, galoppa indisturbata l’idea secondo la quale le tradizioni più vere o antiche siano proprie dell’interno mentre quelle delle coste siano tutte d’importazione. Certamente una sfumatura veritiera che nell’ambito dell’analisi delle dinamiche antropologiche non può essere messa in dubbio, anche se spesso in questo estenuante galoppare ci si dimentica del vero significato del termine Tradizione. Dal latino tradere significa Consegna e implica uno spostamento che non deve essere per forza solo ed esclusivamente nel tempo, ma anche nello spazio. Un dettaglio che non possiamo tralasciare soprattutto oggi nell’era della globalizzazione e della comunicazione istantanea. Per quanto le sfaccettature culturali tradizionali dell’isola siano ovviamente varie e diversificate da ogni regione sino ad ogni paese, a uno sguardo olistico risulta fin troppo chiara la struttura universalmente riconosciuta e perseguita da tutti, ovvero quella “cosa” che rende un sardo “diverso” da un non sardo e un Sassarese “identico” a un Cagliaritano. In questo senso, l’identità sarda è come una sorta di griglia e il popolo sardo nella sua diversità geografica e
ambientale riempie gli spazi di essa con le conoscenze che i padri e le madri dei loro padri e delle loro madri gli hanno “consegnato”. Ad esempio, nella categoria Risorse si esprimeranno con tutti quei mestieri che il proprio territorio regionale o comunale rende peculiari. E’ naturale che ciò sia valido sia per le zone interne che per quelle esterne, infatti la vera frattura è giunta dall’alto con il sopraggiungere del progresso e delle nuove tecnologie. Con le generazioni precedenti la mia ha scardinato la Tradizione del “Saper fare” ovvero l’artigianato, mentre con la mia generazione e le future ha scardinato l’essenza di qualunque tradizione, il “Saper essere” ovvero l’identità personale e culturale come valore primario dell’esistenza. Questa crisi di valori conseguente all’ipertecnologizzazione della vita quotidiana ha affrettato il fisiologico disgregarsi delle poche regole comunitarie sopravvissute nell’isola fino alla totale perdita di punti di riferimento solidi dell’identità sarda. A queste dinamiche estremiste manca naturalmente la capacità di mediare. Non è possibile che le tradizioni sarde in tutte le sue manifestazioni rimangano fossilizzate a espressioni della società e dell’essere umano della seconda metà del ‘800 /
primi del ‘900 perchè non è una visione intellettualmente onesta che si rinunci totalmente alle meravigliose applicazioni che la moderna tecnologia ci ispira per poter godere a pieno delle nostre risorse. Allo stesso modo non è possibile che ci si proietti totalmente e in maniera assoluta verso l’abuso tecnologico di ogni frammento della propria vita e verso quindi l’anomia dilagante alla quale il miraggio della virtualità ci sta lentamente abituando. La via giusta sta nel mezzo. Riprendere in mano la vita e la terra di Sardegna in un’ottica di tradizione che si adatti ai tempi di oggi, che abbia come esponenti i giovanissimi sardi che conoscono le dinamiche di quest’isola nel quotidiano e la adorano nelle sue contraddizioni. Dare avvio a laboratori che diano uno sguardo al passato aprendo la possibilità al futuro. Il Sarcidano è terra interna di boschi e colline, è terra di mesanìa, a lei il ruolo di mediatrice come sempre è stato. Costruiamo una ‘ia de is caminantis di comunicazione politica, sociale e culturale.
La poesia:

Mari gosu
Abàscendi Ambròsu
s’anima in mari
in cicca ‘e gosu.
Ballu tundu
marigosu sabòri
mèndulla a fundu.
Trèmini benidòri
fùrriada a pei in pari
ladèsa ‘e xincu
in stedda carradòri.
Sesi in pratza pibìncu
ca a setti lassa’ s’atza
pispisiendi vida ‘e mundu
a sa matta ‘e s’amori.
Pesa’ a framentu s’ou
ca su frori app’ appubàu
abelliàu accant’e vruttu
sinnu de ‘onnia connottu
cun sa luxi in arrepòsu.
A mes’ogu
appu bìu sa beridàdi
a ogu ‘e mesu
accanciàdasa de vogu
‘entullendi s’amistàdi
cun cor’artu mi ndi pesu.
A Mar Ozio
Al calar di Morfeo
l’anima a mare
in cerca d’ozio.
Ballo tondo
amaro sapore
retrogusto mandorla.
Treppiedi al seguito
svolta a piè pari
in larghezza di cinque
nella stella carrettiere.
Sei in piazza perfettino
-che al sette lascia l’angolo
bisbigliando vita mondana
all’albero dell’amore.
Lievita come pasta l’uovo
perché ho adocchiato il fiore
incantato al cospetto del frutto
simbolo di ogni cultura
con luce a riposo.
A mezz’ occhio
ho visto la verità
con occhio e mezzo
strattoni di fuoco
mentre soffia l’armonia
mi sveglio con cuor alto.
Luxi Manna e bia.
Jana